N. 00093/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00383/2011 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)

 


ha pronunciato la presente


                                        SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 383 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Impresa Rosset Pietro S.r.l., Mazzon Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Luca De Pauli e Luca Ponti, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7;
contro
Provincia di Udine, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Aita, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7; Regione Friuli - Venezia Giulia;
nei confronti di
Colle Silvano S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Cabrini, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7; Candusso Carpenterie e Lattonerie S.r.l.;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
a) della Determinazione dirigenziale n. 2011/5004 del 6 luglio 2011 del Dirigente dell’Area Tecnica - Servizio Amministrativo Edilizia Viabilità U.O. Amministrativa Viabilità della Provincia di Udine, relativa a “Lavori di realizzazione della pista ciclabile Aprilia Marittima - Raccordo Lignano - 1° Lotto, Tratto da Aprilia Marittima al Ponte sul Canale di Bevazzana”, affidamento lavori e impegno di spesa a favore A.T.I. Colle Silvano S.r.l. e Candusso Carpenterie e Lattonerie Moruzzo, comunicata con nota prot. 2011/87287 d.d. 14 luglio 2011 della Provincia di Udine, Area Tecnica;
b) del presupposto verbale del Seggio di Valutazione del 6 giugno 2011, recante esclusione della ricorrente ed aggiudicazione provvisoria in favore della A.T.I. controinteressata;
c) della nota confermativa dell’esclusione, prot. 83637 d.d. 5 luglio 2011;
d) per quanto di interesse e di ragione, dell’Avviso di Procedura ristretta d.d. 15 febbraio 2011, della lettera di invito del 12 maggio 2011 prot. 61963, nonché dell’art. 68, co. 4, D.P.Rreg. 5 giugno 2003, n. 0165/Pres.;
e) di tutti gli altri atti comunque connessi, presupposti e conseguenti; per la declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto eventualmente nelle more stipulato, nonché per il risarcimento dei danni tutti, patiti e patiendi dalla ricorrente con conseguente condanna della medesima al risarcimento dei danni tutti cagionati alla ricorrente, con preferenza del ristoro in forma specifica;
Quanto ai motivi aggiunti depositati in data 19.9.2011, degli stessi atti impugnati con il ricorso introduttivo;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Udine e di Colle Silvano S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2012 il dott. Rita De Piero e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO


1. - L’Impresa Rosset Pietro s.r.l. ricorrente impugna la determinazione n. 5004 del 6.7.11 della Provincia di Udine, di aggiudicazione della gara per i “lavori di realizzazione della pista ciclabile Aprilia Marittima - Raccordo Lignano, I° lotto” all’ATI controinteressata; il verbale del 6.6.11 di esclusione dalla gara stessa ed atti connessi, tra cui, “per quanto di interesse e di ragione”, l’Avviso di procedura ristretta del 15.2.11 e la Lettera di Invito del 12.5.11; chiede altresì la declaratoria di nullità/inefficacia del contratto, ove stipulato, e, in subordine, il risarcimento del danno.
1.1. - In fatto, espone di aver partecipato alla gara ristretta semplificata de qua - bandita ai sensi dell’art. 21 della L.r. 14/02 e 57 del D.P.G.R. 0165/03 - per un importo a base d’asta pari ad € 525.355,00, soggetto a ribasso, cui erano state invitate altre 25 Ditte; solo cinque delle quali hanno presentato domanda.
In data 6.6.11, veniva stilata la graduatoria che vedeva prima classificata l’ATI formata dalla ricorrente e Mazzon s.r.l., con il ribasso dell’8,15%. Poiché l’aggiudicazione doveva avvenire al prezzo più basso, determinato mediante ribassi sui prezzi unitari, con applicazione del sistema di esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’art. 25, comma 2, della L.r. 14/02, si procedeva all’esclusione delle offerte di maggior e minor ribasso (tra cui quella di parte istante), alla media dei ribassi presentati (4.445%) e si individuava l’aggiudicatario provvisorio nell’ATI controinteressata.
Preso atto di ciò, la ricorrente presentava alla Provincia istanza di autotutela, invocando l’applicazione dell’art. 122, comma 9, del D.Lg. 163/06, a tenore del quale la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando - come nel caso di specie - le offerte ammesse sono inferiori a dieci.
1.2. - In diritto lamenta:
1) violazione degli artt. 21 e 25 della L.r. 14/02 e dell’art. 1-bis della L.r. 11/09, nel testo risultante dalla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 114/11; degli artt. 86 e 122, comma 9, del D.Lg. 163/06. Difetto di presupposti ed errore di diritto.
La Provincia ha erroneamente ritenuto di dover applicare alla fattispecie gli artt. 21 e 25 della L.r. 14/02 a tenore dei quali - nelle procedure ristrette semplificate di valore inferiore a 1.500.000 euro - si procede all’esclusione automatica delle offerte ritenute anomale, laddove le offerte ammesse siano pari o superiori a cinque. Secondo l’istante si doveva, invece, applicare l’art. 1- bis della L.r. 11/09, dettata per i lavori di valore inferiore a 1.000.000 di euro, così come modificata ad opera della decisione della Corte Costituzionale n. 114/11, che ha stabilito non essere esercitabile la facoltà di esclusione automatica se il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10, come previsto dall’art. 122 D.Lg. 163/06. Tale regola deve intendersi come generale e, quindi, applicabile (eventualmente previa disapplicazione del Bando) anche al caso di specie, ove le offerte erano solo cinque.
2) Violazione dell’art. 122 del D.Lg. 163/06; dell’art. 55 della Direttiva 2004/18. Illegittimità del art. 68, comma 4, del D.P.G.R. 0165/03 e illegittimità derivata.
La disposizione di legge statale - non derogabile, sul punto, dalle Regioni, in quanto ha funzione di tutela della concorrenza - stabilisce che l’esclusione automatica non può intervenire quando le offerte siano inferiori a 10. La norma regionale contrastante va, pertanto, disapplicata.
3) In subordine, lamenta l’incostituzionalità dell’art. 25 della L.r. 14/02 e la conseguente illegittimità dell’art. 68, comma 4, del D.P.G.R 016503, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione, posto che spetta solo allo Stato la materia della tutela della concorrenza, tra cui le norme indicate sicuramente rientrano.
4) Violazione di legge ed eccesso di potere, in relazione al mancato esercizio dell’autotutela, avendo ritenuto la Provincia che l’espressa accettazione (tramite sottoscrizione della relativa clausola) di tutte le norme contenute nella lettera di invito, abbia determinato acquiescenza alle modalità della gara ivi puntualmente descritte.
Ad avviso della ricorrente, ciò non implica acquiescenza, né impedisce la proposizione del ricorso, laddove il partecipante risulti incapiente.
2. - La Provincia, costituita, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso concludendo per la sua reiezione.
3. - E’ presente in giudizio anche la controinteressata Colle Silvano s.r.l., che ugualmente chiede che il ricorso sia respinto.
4. - Con “motivi nuovi”, depositati il 19.9.11, resisi asseritamente necessari in seguito ad una questione sollevata d’ufficio nel corso della udienza di sospensiva, relativamente alla mancata prova che, eliminato il c.d. “taglio delle ali”, la ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria, l’istante lamenta ancora:
5) violazione egli artt. 17, 21 e 25 della L.r. 14/02 e dell’art. 1-bis della L.r. 11/09, nel testo risultante dalla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 114/11; degli artt. 86 e 122, comma 9, del D.Lg. 163/06. Difetto di presupposti ed errore di diritto; illegittimità propria e derivata. Incostituzionalità derivata.
Secondo la prospettazione della ricorrente, alla fattispecie non era applicabile l’art. 25 della L.r. 14, bensì l’art. 17, comma 1, lett. a), con la conseguenza che, avendo la ricorrente offerto in massimo ribasso, doveva risultare aggiudicataria.
6) Violazione dell’art. 122, comma 9, e 253, comma 20-bis del D.Lg. 163/06. Illegittimità derivata. Anche la norma transitoria del Codice degli Appalti, cui fa riferimento la difesa della Provincia, inibisce comunque l’esclusione automatica quando le offerte siano inferiori a 10.
5. - Con memoria, la Provincia eccepisce l’irregolarità della notifica dei motivi nuovi, effettuata presso il domicilio eletto e non presso il procuratore costituito. Nella sua ultima memoria, inoltre, precisa che, dato il tipo di gara posto in essere (procedura ristretta semplificata), la domanda di partecipazione - essendo completa di tutte le indicazioni tipiche dell’offerta, compresi i requisiti tecnico organizzativi - va considerata come una offerta in senso tecnico (tant’è che nella successiva Lettera di Invito tali requisiti non erano più richiesti, in quanto già valutati); a ciò conseguirebbe che, avendo fatto domanda di partecipazione ben 98 Ditte, il numero delle offerte ammesse è comunque superiore a 10.
6. - Il problema da affrontare in questa sede è quale legge regionale dovesse regolare la gara de qua, in particolare per quanto concerne la possibilità o meno di applicare il sistema di esclusione automatica delle offerte anomale. La gara infatti è stata bandita a tenore della L.r. 14/02, e relativo Regolamento, laddove la ricorrente afferma doversi invece applicare l’art. 1-bis della L.r. 11/09, ovvero la norma statale di cui all’art. 122 del D.Lg. 163/06. La rilevanza della questione sta nel fatto che la legge regionale 14/02, all’art. 25, comma 2, dispone che “nelle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria, esperite ai sensi degli articoli 19, 20 e 21 (che regola la procedura ristretta semplificata, che qui interessa) e con il criterio di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), trova applicazione il sistema di esclusione automatica delle offerte anomale”. Il comma 5, inoltre, stabilisce che “la procedura di esclusione automatica non è esercitabile qualora il numero delle offerte valide risulti inferiore a cinque”. Poiché, nella specie il numero di offerte valide era pari a 5, la Provincia ha, appunto, applicato la procedura di esclusione automatica.
L’art. 122, comma 9, del D.Lg. 163/06, per quanto qui rileva, stabilisce invece che “per lavori d'importo inferiore o pari a 1 milione di euro quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 86; in tal caso non si applica l’articolo 87, comma 1. Comunque la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci; in tal caso si applica l’articolo 86, comma 3”.
7. - Orbene, premesso che la gara ben poteva essere bandita secondo le regole di cui alla L.r. 14/02, si osserva che, col secondo motivo di ricorso, l’istante lamenta il contrasto, in parte qua, della legge regionale medesima con il sopravvenuto art. 122, comma 9, del D.Lg. 163/06, che prevede che la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10. La disposizione nazionale, a suo dire, doveva essere in ogni caso applicata perché di derivazione comunitaria, posta a tutela della concorrenza, e operante in una “materia” ove sussiste la competenza esclusiva statale. In ragione di ciò chiede, in primis, la disapplicazione dell’art. 25 della L.r. 14/02 e, in subordine, il rinvio dello stesso alla Corte costituzionale, per violazione dell’art. 117 della Costituzione.
7.1. - Il motivo è fondato e va accolto, nei termini appresso precisati.
Ritiene il Collegio che, nella specie, non sia necessario sottoporre la norma al vaglio della Corte Costituzionale, essendo sufficiente dichiarare la sussistenza dell’obbligo della Regione di applicare in via diretta la normativa nazionale.
E invero, come di recente stabilito dalla Corte di Cassazione nella decisione n. 12131/11, che il Collegio condivide, dopo la modifica costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 3/01, il conflitto tra norme regionali (anche di Regioni ad autonomia differenziata) preesistenti e disposizioni statali sopravvenute, nelle materie ove sussiste competenza primaria dello Stato, va risolta alla stregua del principio dettato dall’art. 2 della L. n. 131/03 (recante “disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3”), che, per quanto qui rileva, stabilisce (senza porre alcuna distinzione tra Regioni ordinarie e ad autonomia differenziata) che “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale”.
La particolare ”vis” della disciplina dettata dal D.Lg. 163/06, è stata più volte affermata dalla Corte Costituzionale; si veda, ad esempio, la sentenza n. 184/11 (che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 20, comma 8, della L.r. Sardegna n. 5/07, che ugualmente prevedeva non doversi applicare l’esclusione automatica qualora il numero delle offerte ammesse fosse inferiore a cinque, anziché prevedere che tale facoltà non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci, come stabilito dalla legge statale) che, sul punto, così si esprime: “secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina del Codice degli Appalti, nella parte concernente le procedure di selezione ed i criteri di aggiudicazione è strumentale a garantire la tutela della concorrenza (tra le molte, sentenze n. 186/10, n. 320/08; n. 401/07) e, conseguentemente, anche le Regioni a Statuto Speciale e le Province Autonome che siano titolari di competenza legislativa primaria nella materia dei lavori pubblici di interesse regionale non possono stabilire al riguardo una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato (sentenze n. 221/10 e n. 45/10). Siffatto carattere connota, altresì, le norme aventi ad oggetto la disciplina delle offerte anomale (sentenza n. 411/08 … e n. 320/08), anche se relative agli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria”.
Non diversamente la Corte si è espressa nella decisione n. 114/11 (con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte dell'art. 1-bis, della L.r. F. - V.G. n. 11/09), ove si evidenzia che “in questa prospettiva, vengono in considerazione, in primo luogo, i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie, e dunque le disposizioni contenute nel Codice dei Contratti pubblici che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo. In tale ambito, la disciplina regionale non può avere un contenuto difforme da quella prevista, in attuazione delle norme comunitarie, dal legislatore nazionale e, quindi, non può alterare negativamente il livello di tutela assicurato dalla normativa statale. In secondo luogo, il legislatore regionale deve rispettare i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, tra i quali sono ricompresi anche quelli afferenti la disciplina di istituti e rapporti privatistici relativi, soprattutto, alle fasi di conclusione ed esecuzione del contratto di appalto, che devono essere uniformi sull'intero territorio nazionale, in ragione della esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza. A ciò è da aggiungere che nelle suindicate fasi si collocano anche istituti che rispondono ad interessi unitari e che - implicando valutazioni e riflessi finanziari, che non tollerano discipline differenziate nel territorio dello Stato - possono ritenersi espressione del limite rappresentato dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.”
Quindi, le leggi regionali (ancorchè frutto di competenza normativa primaria, quale è quella della Regine Friuli - Venezia Giulia in tema di lavori pubblici di interesse regionale) successive che contrastano con i principi del D.Lg. 163/06 sono state ritenute dalla Corte costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 117; mentre per quel che concerne le leggi precedenti - che abbisognavano di mero adeguamento - si ritiene che, laddove tale adeguamento non sia intervenuto, debba applicarsi direttamene la norma statale.
Nel caso di norme preesistenti, infatti, la Corte di Cassazione, con la decisione citata (che riguarda una legge della Regione Sicilia, in una materia in cui essa ha competenza normativa primaria) precisa che “si verifica una dinamica analoga a quella che si ha (cfr. C.S., A.P. n. 2/08) nel momento in cui il legislatore nazionale interviene in una materia rimessa alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regione, ai sensi del novellato art. 117 Cost., con disposizioni che hanno carattere di principi fondamentali della materia stessa. Fino all’adeguamento delle Regioni a statuto ordinario alle norme di principio statali, le norme aventi portata di principi fondamentali sono destinate a prevalere sulle prime. Ora, nel momento in cui il legislatore nazionale interviene nelle materie rimesse alla potestà legislativa concorrente con norme di principio, devono ritenersi, per ciò stesso, venute meno le norme delle Regioni a statuto ordinario con esse configgenti. Tale conclusione è rafforzata anche dalla legge n. 131 del 2003, che, all’art. 1, comma 2, recante la disciplina transitoria relativa alle normative regionali vigenti in materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale, prevede l’ultrattività di dette normative regionali solo fino al sopravvenire delle norme statati in proposito (con salvezza, naturalmente, degli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale); poichè, peraltro, anche la determinazione di principi fondamentali nelle materie di legislazione regionale concorrente risulta “riservata alla legislazione dello Stato”, può coerentemente concludersi nel senso della cedevolezza di tutte le norme regionali di fronte alle norme di principio che siano fissate dallo Stato nella stessa materia. Il contrasto che si venga a verificare, non determina un’abrogazione tout-court, …., quanto un’insanabile incompatibilità che si risolve con la provvisoria prevalenza della legislazione statale, nelle more dell’adeguamento della legislazione regionale”; e, ancora, “il rapporto tra la L.R. siciliana …e la statale…, deve essere risolto alla luce dell’ applicazione del principio di cedevolezza delle disposizioni regionali che non siano compatibili con i principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato contenuti nella legislazione statale sopravvenuta”.
Applicando le regole dianzi esposte al caso all’esame, ne consegue che, dopo l’entrata in vigore del D.Lg. 163/06 che pone il limite di 10 offerte quanto all’esclusione automatica delle offerte anomale (ai cui principi la legislazione regionale non si è adeguata), considerato che tale limite (di derivazione comunitaria, come ritenuto dalla Corte costituzionale) è posto a tutela della concorrenza, materia “trasversale” di competenza funzionale statale, tutte le norme di legge regionale contrastanti devono ritenersi non più operanti e sostituite dalla corrispondente disposizione statale.
L’Avviso di gara di cui trattasi, quindi, non poteva prevedere il meccanismo dell’esclusione automatica, nel caso di offerte pari o inferiori a cinque.
7.2. - Né può essere accolta la prospettazione della Provincia secondo cui, poiché la domanda di partecipazione alla gara è stata inviata da 98 Imprese, tale deve essere considerato il numero di offerte presentate.
Così non è; infatti la Stazione Appaltante, tra tutte le richiedenti, dopo una preselezione, ha scelto di invitarne 25. Solo cinque di esse, nel termine stabilito, hanno fatto pervenire la propria offerta; cosicchè la competizione si è concretamente svolta solo tra le stesse.
In definitiva, il ricorso va accolto con conseguente annullamento non solo della contestata aggiudicazione, ma dello stesso Avviso di gara, in quanto la procedura è stata illegittimamente disciplinata da norme da ritenersi non più vigenti.
L’annullamento della gara (con sua eventuale riedizione) deve ritenersi pienamente satisfattivo, ancorchè in via strumentale, delle pretese qui avanzate.
7.3. - La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento del danno patito; peraltro solo con riferimento alla domanda (principale) tendente al conseguimento dell’aggiudicazione dell’appalto (ed al subentro nel contratto eventualmente stipulato con la controinteressata, previa dichiarazione di inefficacia dello stesso, di cui nulla è dato sapere) e, nel caso ciò non risultasse possibile, al ristoro per equivalente; non ha formulato, invece, alcuna richiesta con riferimento alla domanda (da ritenersi subordinata) di annullamento della procedura a partire dall’Avviso e, quindi, dell’intera gara.
Ne consegue che, in assenza di specifica domanda per questa seconda ipotesi, nulla può, allo stato, essere liquidato a titolo di (eventuale) risarcimento del danno patito per aver l’istante partecipato ad una gara bandita con criteri illegittimi.
8. - La particolarità delle questioni trattate consiglia di disporre la totale compensazione, tra le parti tutte, delle spese e competenze di causa. Contributo unificato, pari ad € 2.000, rifuso, a carico della Provincia.


P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’intera gara.
Respinge la richiesta risarcitoria.
Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti. Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Rita De Piero, Consigliere, Estensore
 
L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)